Il terremoto in Marocco: la gestione dell’emergenza e i rapporti internazionali

Nella notte tra venerdì e sabato 8 settembre il Marocco è stato colpito da un terribile terremoto. Secondo il Centro nazionale per la ricerca scientifica e tecnica con base a Rabat (Cnrst), il sisma è stato di magnitudo sette della scala Richter. La scossa ha interessato la provincia di Al-Haouz, a sud-ovest della città di Marrakech, e più precisamente il comune di Ighlil. Questa catastrofe naturale ha tenuto il paese con il fiato sospeso, e solo le prime luci dell’alba hanno mostrato l’entità della distruzione provocata dal cataclisma. Le prime stime in termini di perdita di vite umane erano il preannuncio di una situazione che doveva ancora essere del tutto compresa.

Membro della protezione civile impegnato in operazioni di salvataggio – Fonte: Royal Moroccan Armed Forces 

La provincia di Al-Haouz abbraccia la catena montuosa dell’Alto Atlante, un territorio impervio, difficile da raggiungere sia per i collegamenti stradali – formati prevalentemente da tracciati in terra battuta – sia per la natura stessa della catena montuosa. Secondo quanto riportato da Nasser Jebbourdirettore dell’Istituto nazionale di geofisica marocchino, l’epicentro del sisma, registrato tra i piccoli villaggi della provincia, ha coinvolto un perimetro di quattrocento chilometri quadrati. Il bilancio è di quasi tremila morti e il doppio dei feriti, anche se i numeri vengono costantemente aggiornati dai bollettini del Ministero degli Interni. Le operazioni di soccorso hanno da subito coinvolto le unità di primo intervento e la protezione civile della provincia di Marrakech, anche se, data la gravità dell’evento, sono state mobilitate anche altre unità dalle città vicine e dal resto del Marocco. In un secondo momento, a causa dell’impraticabilità delle strade – spesso interrotte da frane e cedimenti – per raggiungere i paesi di montagna è stato sollecitato l’intervento dell’esercito. Come da comunicato dell’esercito reale “il Re Mohammad VI, comandante supremo e capo di Stato maggiore delle Forze Armate, ha dato precise istruzioni per l’intervento”. In coordinamento con le autorità locali sul posto, le unità di intervento dell’aviazione – formate soprattutto da veicoli da trasporto di mezzi e uomini, elicotteri e droni – hanno iniziato la perlustrazione delle zone colpite e organizzato la logistica per raggiungere i diversi villaggi distrutti lungo la catena montuosa. L’impiego delle unità dell’esercito è stato fondamentale per trasportare le vittime negli ospedali più vicini, e in generale il trasporto in loco degli strumenti per le unità di soccorso, le derrate alimentari ed altri beni di prima necessità in luoghi altrimenti inaccessibili.

La notizia dell’evento che ha fatto il giro del mondo ha prodotto in poche ore un’ondata di commozione e vicinanza. Le cancellerie di molti paesi europei, arabi e d’oltreoceano si sono da subito rese disponibili per dare un proprio aiuto nelle prime fasi del terremoto, dove la probabilità di salvare vite sotto le macerie era maggiore. Anche l’Algeria, a netto della crisi politico-diplomatica con Rabat, ha offerto il proprio sostegno, segno della volontà di vicinanza in momenti di difficoltà.

Province colpite dal terremoto – Fonte: Agenzia ufficiale di stampa del Marocco

Tuttavia, dopo una prima fase di silenzio, durante cui le autorità di Rabat in accordo con il sovrano hanno lavorato per l’organizzazione logistica per convogliare gli aiuti nella zona dell’epicentro, molti paesi aspettavano una risposta alle offerte di aiuto inviate. Come accaduto al confine turco-siriano dopo il terremoto di questo inverno, dove gli aiuti da altri paesi sono stati inviati in tempi relativamente celeri. La lentezza di Rabat nell’accettare il sostegno dall’estero ha generato più di qualche perplessità tanto nel paese che nella comunità internazionale. La riunione del gabinetto regio – con la presenza delle autorità del governo, dell’esercito e della protezione civile, oltre a quella del re – ha avuto il merito di coordinare la macchina dei soccorsi e di orientare le scelte della casa reale. Soltanto domenica 10 settembre è arrivata la conferma di richiesta di aiuti per i soccorsi da parte di quattro paesi, ossia Spagna, Regno Unito, Emirati Arabi Uniti e Qatar. In questa fase il ruolo della monarchia è stato decisivo, in quanto in un sistema fortemente centralizzato come quello marocchino il governo e le altre istituzioni politiche hanno potuto esprimersi, come da prassi, solo dopo le disposizioni dell’organo regnante. Il Ministero degli Interni ha confermato attraverso gli organi di stampa di aver richiesto l’intervento delle unità di primo soccorso soltanto ai suddetti paesi. La nota ministeriale ha riportato che la decisione presa rientra in un quadro specifico di standard internazionali relativi a tali emergenze, aggiungendo che le autorità marocchine hanno valutato accuratamente i bisogni sul terreno per richiedere aiuti specifici tali da essere coordinati in maniera adeguata e per non diventare controproducenti. Il Ministero ha poi evidenziato che la lista dei paesi amici che hanno offerto il proprio aiuto era lunga, e tuttavia questa sarebbe stata valutata in un secondo momento, facendone richiesta diretta ai paesi volontari. Infine, il comunicato ha riportato che, sebbene in questo frangente il governo non avesse inoltrato una richiesta di aiuti, esso rimaneva favorevole a tutte le iniziative di solidarietà provenienti dalle diverse regioni del mondo, delle quali il Regno era riconoscente.

Riunione del Gabinetto regio dell’unità di crisi. Fonte: Governo del Marocco https://www.cg.gov.ma/fr/node/11393

“Diciamo basta alla denigrazione e invitiamo al rispetto per il dolore di un intero paese” ha dichiarato per mezzo stampa l’ambasciatore in Italia del Regno del Marocco Youssef Balla, continuando che “mentre Sua Maestà il Re e il Governo hanno manifestato da subito il loro ‘benvenuto’ ed espresso ringraziamento pubblico a tutte le proposte arrivate per gli aiuti internazionali, viene messa in campo una deformazione grottesca di queste manifestazioni trasformandole in rifiuto”.

La scelta del governo di razionalizzare gli aiuti nella fase più acuta della crisi, assieme all’accettazione del supporto di soli quattro paesi non è passata inosservata. Stati Uniti, Polonia, Turchia, Israele e Francia hanno offerto immediatamente le proprie squadre di soccorso a Rabat. Il governo di Parigi ha dato la propria disponibilità sin dalle prime ore successive al terremoto, ma la mancata risposta di Rabat ha scatenato non poche polemiche e imbarazzi all’Eliseo. In effetti, la scelta del Regno di accettare aiuti solo da quattro paesi, tra cui Spagna e Regno Unito, e non dalla Francia è stata spiegata dai media transalpini come una scelta politica. Il Presidente Emmanuel Macron ha dichiarato il 10 settembre scorso al Summit del G20 tenutosi a Nuova Delhi che “la Francia è pronta per gli aiuti di primo soccorso”. In questo senso, nei canali social e nelle emittenti nazionali francesi la mancata risposta alla mano tesa di Parigi da parte del governo marocchino è stata percepita come un’offesa. Alla base del risentimento francese vi è il legame storico che lega i due paesi, che rende incomprensibile per il governo francese un disinteresse così netto nei confronti degli aiuti francesi. Tuttavia, anche importanti partner strategici di Rabat come Washington e Tel Aviv non hanno visto accolte le loro offerte di aiuto, anche se la reazione è stata diversa.

Da una prospettiva politica, la scelta del governo marocchino di accettare aiuti dai quattro paesi menzionati si spiega con il fatto che con la Spagna le relazioni diplomatiche sono migliorate dopo l’appoggio di Madrid al piano marocchino sul Sahara occidentale, con il Regno Unito sussistono relazioni di formale rispetto, e con le due monarchie arabe del Golfo esistono profondi legami diplomatici. Difficile negare che non ci sia dietro a questa scelta anche uno schema politico. Se, come riportato dalla stampa nazionale marocchina, la mancata risposta alla mano tesa di Parigi non ha rappresentato un netto rifiuto, è tuttavia significativo che il Marocco abbia scelto di accettare il sostegno da altri paesi piuttosto che dalla Francia, nonostante le capacità materiali di aiuto di Parigi non fossero di certo inferiori a quelle dei paesi coinvolti nella prima fase dei soccorsi.

Le relazioni tra Rabat e Parigi sono da tempo deteriorate. La posizione francese sul progetto di autonomia del Sahara occidentale proposto dal Marocco in sede Onu nel 2007 ha ottenuto nel corso degli anni il sostegno di diversi Stati – perfino il riconoscimento da parte di Stati Uniti e Israele. A peggiorare le relazioni con il Marocco sono state anche le mosse dell’Eliseo verso Algeri, interpretate come un riavvicinamento con l’Algeria e un sostegno alla politica estera di un paese antagonista. Il disimpegno dall’Africa occidentale in questi ultimi anni – con da ultimo il ritiro nel novembre 2022delle forze armate francesi dal Sahel attraverso la cessazione dell’operazione Barkhane – ha reso Parigi un interlocutore sempre meno importante per Rabat nel continente africano. L’influenza francese nella regione sta infatti gradualmente venendo sostituita dalla penetrazione russa, turca e soprattutto cinese.

Il Marocco è attualmente sotto la luce dei riflettori internazionali e di conseguenza vuole dimostrare che non è più il paese in via di sviluppo di qualche decennio fa. L’immagine che intende trasmettere è quanto mai centrale per la propria politica di soft power, inaugurata ormai già da un ventennio. Gli obiettivi che il paese maghrebino vuole realizzare consistono nel trasmettere all’estero un’immagine positiva della gestione dell’emergenza in atto e nel garantire il flusso del turismo internazionale, gli investimenti e la fiducia internazionale guadagnata negli ultimi anni.

Sul piano della politica interna, il governo marocchino vuole rassicurare la popolazione e mostrare con l’utilizzo della protezione civile e della Gendarmerie royale delle Forces armées royales (Far) la solidità degli apparati del Regno. La gestione autonoma dell’emergenza andrebbe osservata anche da un’altra prospettiva. L’esperienza del terremoto di magnitudo 6.3 del 2004 avvenuto nella zona di Al-Hoceima nel nord-est del paese, è stata una prova per le autorità marocchine. A seguito di questa tragedia, esse hanno accresciuto le proprie competenze, in aggiunta anche all’esperienza maturata nella gestione della crisi sanitaria del Covid-19 e nelle esercitazioni militari African Lion. Fermo restando il contesto legato all’immane distruzione procurata da un terremoto di una potenza mai vista nel paese maghrebino, è ancora prematura l’analisi di come sia stata gestita l’emergenza da parte delle autorità. In generale, però, non sembrano emerse significative manifestazioni di dissenso interno rispetto alle scelte del governo di Rabat: se per certi versi questo atteggiamento sembrerebbe indicare una certa maturità del paese, bisogna tuttavia sottolineare il grado di restrizioni che il governo attua nei confronti del dissenso pubblico.

Infine, altre polemiche apparse soprattutto sui media francesi e in parte anche italiani hanno riguardato in particolare il re Mohammad VI e il fatto che egli ha visitato i luoghi della tragedia solo diversi giorni dopo il terremoto. L’assenza del re è stata interpretata come un segno di lontananza dai cittadini. La visita del sovrano è stata tuttavia presentata in maniera diversa sui media marocchini. Il gesto di baciare la fronte di un ferito in ospedale è stato interpretato come un simbolo di rispetto e vicinanza dell’Amīr alMuʾminīn – il Principe dei Credenti – verso la propria popolazione. Questa differenza di percezione può essere considerata anche il riflesso di difformità nelle dinamiche di legittimazione del potere politico, in quanto in un regime monarchico millenario come quello marocchino il sovrano trae la propria legittimazione non dal consenso scaturente dalle elezioni ma dalla propria discendenza religiosa.

Mohamed El Khaddar